PERCHÉ GIONA?

UNA FIGURA EMBLEMATICA CHE CI PARLA ANCORA OGGI

Il nome dell’Associazione, Jonas, prende le sue origini a partire dalla figura biblica di Giona, che si può dire racchiuda in sé il tratto del soggetto contemporaneo.

CHI È GIONA? E CHE COSA INSEGNA LA SUA VICENDA?

La storia di Giona è narrata dalla Bibbia nel Libro dei Profeti. La sua figura, di profeta minore, differisce radicalmente da quelli cosiddetti maggiori proprio nel mostrare l’aspetto paradossale della contemporaneità.

Giona è chiamato da Dio a eseguire una missione che ha dell’impossibile: predicare, lui, ebreo, la parola del suo Dio nella città di Ninive, città non-ebrea, capitale dell’Assiria, dove regnano il peccato e la dissoluzione; egli risponde fuggendo continuamente dall’assunzione del proprio compito. Sfugge così dalla possibilità di responsabilizzazione e, di conseguenza, dalla realizzazione del proprio destino.

Il capitolo della Bibbia dedicato a Giona si apre col termine ebraico Kum, che dà onomatopeicamente il segno del colpo: è la parola di Dio che sorprende il profeta stordito, addormentato nel suo tran tran della vita quotidiana. Si può cogliere da subito un’opposizione tra la chiamata che viene dal luogo dell’Altro, diciamo da Dio, e l’essere dell’uomo preso nello stordimento della vita quotidiana. Qui Giona rispetto alla chiamata di Dio, cioè la chiamata dell’Altro, volta le spalle, prende la direzione opposta; si può, quindi, dire che fugge dal desiderio dell’Altro.

Questa fuga, che Giona intraprende imbarcandosi su una nave, si manifesta attraverso una spinta alla morte: il profeta passa infatti intere giornate nella stiva della nave a dormire del suo sonno stordito, sordo ai richiami di Dio. Si potrebbe definire questo sonno come un “sonno senza sogni”: per la psicoanalisi, se il sogno ha un senso in rapporto al desiderio inconscio, il sonno ha una funzione difensiva; dormire mostra un’esigenza di separazione assoluta dal luogo dell’Altro. Il sonno stordito di Giona rinvia anche alla dimensione centrale della depressione, legata da una parte agli effetti della sedazione farmacologica, dall’altra all’effetto dello spegnimento, così come la vita del tossicomane, che non è mai una vita dentro il desiderio, ma sempre nel dormiveglia.

ASCOLTARE LA CHIAMATA

La psicoanalisi interviene laddove il desiderio viene a mancare, permettendo al soggetto di ascoltarne la chiamata: ciò significa per il soggetto assumersene una responsabilità.

Mosaico Aquileia III° sec.

Nel racconto Biblico accade poi che un nuovo richiamo di Dio si manifesti attraverso una violenta tempesta: Giona si riconosce causa di questa e chiede ai marinai di essere gettato in mare. Risponde esprimendo la volontà di morire, cioè ancora all’opposto della logica del desiderio.
La sorte corre in aiuto a Giona: un grosso pesce lo inghiotte e lo tiene protetto nel suo enorme ventre.
Là il profeta passa tre giorni e tre notti dormendo: fa della prigione la sua casa. Anche questo richiama la dimensione di un nuovo sintomo: qualcosa di insopportabile per il soggetto si ripete sempre allo stesso modo, in misura drammaticamente familiare.  “più forte di lui”, odiato, ma allo stesso tempo ricercato come qualcosa di noto e per questo di insostituibile.

Su questo punto si apre una faglia: Giona, chiuso nel ventre del pesce, invoca Dio perché lo faccia uscire, gli restituisca la vita, la tensione vitale.
Si tratta dell’apertura che, come un effetto di verità, la psicoanalisi può consentire e, a partire da ciò, permette di accogliere un soggetto; ad un’invocazione (di aiuto) la psicoanalisi può rispondere.
Si può notare come l’episodio del grosso pesce abbia una forte ridondanza letteraria: in Collodi per esempio, è presente questo tema dell’essere nel ventre del pescecane, dove ancora una volta appare il sonno stordito, nella stiva, nel grosso pesce, non nel luogo dell’Altro, ma in una sorta di contenitore che separa dall’Altro.

 

Nel libro di Pinocchio ritroviamo quindi questo tema: qui il ventre del pescecane  viene addirittura descritto come una dimora sicura per il povero Geppetto, che ha fatto della sua prigione la sua casa, addobbandone l’intestino con la lampada ad olio e lo scrittoio e si stupisce che Pinocchio non si trovi bene. Ma là dove Geppetto trova una dimora sicura, Giona percepisce, invece, la voglia di libertà: prega soltanto allora Dio per riconquistarla.

Dio lo accontenta, facendolo vomitare dal grosso pesce: il vomito, l’espulsione, rimette Giona in contatto con la parola dell’Altro. Il profeta esce dal sonno stordito, esce dal godimento della prigione, ritorna ed assume l’impresa impossibile che Dio gli ha consegnato: va a Ninive e predica proprio nella città del peccato, con furore, la parola di Dio. Questa città lo ascolta, il re lo ascolta, tutti in preghiera ascoltano la parola di Giona.

 

Michelangelo – Cappella Sistina

Ma qui si evince ancora il tratto particolare di Giona: invece di essere contento degli effetti della sua parola sull’Altro, Giona non è soddisfatto; esige che Dio realizzi la profezia che lui è andato a portare nella città, e cioè la distruzione di questa. Non si accontenta che la sua parola sia stata ascoltata, ma vuole che Dio faccia piazza pulita della città, vuole un suo intervento spietato: deve distruggere la città implacabilmente. Ma poiché Dio è misericordioso e sa perdonare l’imperdonabile, la sua saggezza lo porta a salvare tutti, Giona ripropone all’Altro la sua volontà di morire.

Così si conclude il libro: si conclude con questo stato di desolazione di Giona, che vuole morire perché l’Altro non ha portato fino alle estreme conseguenze la parola che gli ha dato, perché l’Altro è stato più misericordioso, cioé ha saputo amare, là dove la condizione di Giona non gli permetteva di arrivare.

L’etimo di Giona indica sia la sua funzione di messaggero, nel significato originario di “Colomba” ma anche quella di un’oscurità, di una negazione della vita, nel suo significato originario di “oppressione”.

Sveglia, alzati!